giovedì 29 settembre 2011

La bimba che non invecchia mai


La bimba che non invecchia mai
 Londra, 10 maggio 2010 - La sequenza del genoma di una ragazzina di 17 anni, che ha il corpo e il comportamento di una bimba piccola, potrebbe svelare i misteri dell’invecchiamento. Brooke Greenberg, una ragazzina di 17 anni, è alta solo 75 centimetri, pesa 8 chili e ha l’aspetto di un bimbo di un anno.

E' il “mistero” di Brooke Greenberg, una ragazzina rimasta “congelata” nel tempo, che sta attirando l'attenzione di scienziati di tutto il mondo, come scrive il Times di Londra. Il sospetto è che il suo Dna possa mancare del gene che governa l'invecchiamento umano. Potrebbero emergerne scoperte in grado di svelare il mistero dell'invecchiamento.
Uno studio americano sul suo DNA ha rivelato che l'incapacità del suo organismo di crescere è legato a un difetto proprio di quei geni che fanno crescere e invecchiare il resto dell'umanità. Se l'ipotesi sarà confermata, la ricerca realizzata dalla scuola di medicina dell'University of South Florida potrebbe dare agli scienziati una chiave per capire i processi d'invecchiamento e le malattie legate alla vecchiaia. 

"Pensiamo che Brooke abbia una mutazione nei geni che controllano la sua maturazione e lo sviluppo. Sembra che sia stata congelata nel tempo", ha spiegato al Sunday Times Richard Walker, che ha guidato il team di ricerca. Se siamo in grado di controllare il suo genoma con una versione normale, allora potremo trovare i geni e vedere esattamente cosa fanno e come tenerli sotto controllo. Lo studio sarà l'argomento centrale di una conferenza alla Royal Society di Londra, a cui parteciperanno alcuni dei più importanti ricercatori sul processo d'invecchiamento a livello mondiale. 

Brooke è una neonata apparentemente normale e reagisce con prontezza, ma per lei il tempo si è arrestato. E i medici azzardano: Dentro di lei la chiave per l'immortalità? Le sue coetanee vanno ai party o vivono il loro primo grande amore, Brooke Greenberg passa la maggior parte delle giornate nel suo seggiolino e si guarda attorno con gli occhi curiosi di un bebè. Non è in grado di parlare. Ride. E riconosce le persone che le stanno attorno. L’adolescente vive con le sorelle e i genitori a Baltimore. La sua storia è stata raccontata dai maggiori quotidiani del mondo. Brooke è unica, ha detto Johns Hopkins, il medico che l'ha in cura. Testa, corpo, braccia e gambe corrispondono a una neonata, la sua maturità intellettuale invece è quella di una piccola bambina. I medici hanno escluso il fattore genetico. E non si tratta neppure di un'anomalia dei cromosomi. Inoltre, non tutte le parti del suo corpo invecchiano allo stesso modo. Non si sviluppa in maniera armonica, ha spiegato Hopkins. Brooke, ha ancora i suoi denti da latte, le sue ossa, tuttavia, avrebbero già dieci anni.

I suoi familiari la considerano come una adolescente: Le piace quando andiamo a fare shopping, esattamente come una ragazza della sua età, ha detto la madre Melanie a (abcNews). Non parla, ma con la sua gestualità, le sue grida o il suo riso ci fa capire cosa le piace e cosa invece no. E la sorella aggiunge: Ha l'aspetto di una bambina di sei mesi, ma in qualche modo la sua personalità è quella di una sedicenne. Spesso scherziamo quando lei si ribella.


I ricercatori e medici si trovano davanti ad un punto interrogativo: sperano di poter capire quale sia il fattore che la trattiene dal diventare una donna adulta. Brooke Greenberg rappresenta - o meglio il suo DNA, rappresenta la grande occasione per riuscire a scoprire il segreto dell'eterna giovinezza. Per il dottor Richard Walker dell'Università di Tampa, in Florida, la bambina che non invecchia può in qualche modo rispondere finalmente alla domanda che l'uomo si pone da sempre: perchè moriamo e come mai invecchiamo? Della stessa idea anche il padre, Howard Greenberg: (Ogni uomo è al mondo per un motivo preciso. Poniamo il fatto che dentro di sè Brooke possegga veramente la chiave per l'immortalità? Vorremmo scoprirlo, per poter così aiutare altre persone).


E che la piccola sia poi ancora in vita è quasi un miracolo. Ne sono convinte anche le tre sorelle Emily, 22 anni, Caitlin, 19, e Carly di 13 anni. Negli anni Brooke ha dovuto affrontare diversi problemi: il suo intestino è perforato. Per questo motivo le è stata introdotta una sonda. A quattro anni è improvvisamente andata in coma e si è risvegliata dopo 14 giorni. I dottori le hanno diagnosticato un tumore al cervello. 

Poi il miracolo: Brooke ha aperto gli occhi e il tumore era scomparso. I suoi genitori sono certi che Brooke sia una adolescente felice.
 
Davvero un caso unico avvolto da un vero “mistero”. Risvegliarsi dal coma e scoprire la scomparsa del tumore cerebrale, è altrettanto incredibile quanto il gene della giovinezza, o se preferite il gene mancante dell’invecchiamento. Penso che lo studio dovrebbe interessare anche a capire le ragioni che hanno reso possibile la scomparsa del tumore. Niente esclude che potrebbero essere fatte altre scoperte. Per esempio la capacità di autoguarigione. Tale evento non è una novità in quanto sono tantissimi i casi di autoguarigione a cui la scienza non sa dare un a risposta. Nessuno può escludere che quella parte del DNA (il 95%) che la scienza, secondo me “stupidamente”, definisce spazzatura non celi quelle capacità ritenute sovrannaturali narrate in molti testi antichi riguardo la vera natura dell’uomo e le affettive capacità bloccate, da qualche intervento esterno. Non credo per esempio, sia un caso che anche la bibbia riporta che alcuni profeti tra cui Isaia visse 700 anni. Insomma a prescindere che la bibbia per i credenti sia un libro ritenuto sacro, e chi legge questo blog sa che io non lo considero tale, tuttavia non disconosco il valore storico che rappresenta per approfondire la conoscenza di quel periodo e gli eventi succedutesi. 

Tra cui che il profeta Isaia visse 700 anni. Chiunque con un minimo di preparazione e spirito di ricerca sa che la storia dell’uomo su questo pianeta presenta troppi tasselli mancanti. Si può dire che sono più le cose che ignoriamo che quelle che conosciamo e come ripeto spesso, quelle cose che conosciamo sono lagunose. 

Personalmente mi rifiuto di credere che il DNA per il 95% come sostengono i nostri illustri scienziati, sia da considerare spazzatura. Non credo assolutamente in tale convinzione …. a meno che non intendono nasconderci qualcosa di importante. Io quando osservo la realtà intorno a me, e osservo la vita …. l’uomo, e le altre specie, so che c’è qualcosa di importante che non quadra. Così com’è, è privo di senso. E se è vero che non c’è senso in ciò che muore, allora è vera la mia ferma convinzione che ciò che vive può essere solo immortale. Ma qualcuno o qualcosa ce lo nasconde per scopi diabolici.

sabato 24 settembre 2011

Maschera d'argilla

Comp. Graf. Vulcano
Maschera d'argilla

Siamo maschere,
vaganti nell’ignoto
come steli piegati dal vento
per ricadere e disperderci sulla terra;
siamo statue d’argilla senza volto,
pietrificate dal tempo.
Maschere inzuppate di sangue innocente
che avanzano nel buio
disegnando ingannevoli giochi di luce;
siamo maschere d’argilla, senza volto,
che si nascondono nel buio
per non essere svelate dalla luce. 
Vulcano

lunedì 19 settembre 2011

Amedeo Modigliani, pittore maledetto


Amedeo Modigliani

Amedeo Modigliani, nasce a Livorno, il 12 Luglio 1884 in Toscana da una famiglia ebraica, quarto figlio di Flaminio Modigliani e di sua moglie, francese di nascita, Eugénie pitto. Amedeo aveva 3 fratelli, la famiglia di tradizione israelitica dopo che l’impresa di mezzadria del padre andò in rovina cadde in povertà.
Fin dall'adolescenza Modigliani, fu afflitto da problemi di salute. A 14 anni, Fu colpito da  un attacco di febbre tifoide, e due anni dopo si ammalò di tubercolosi. La famiglia di Modigliani soffriva di una storia di depressione, che colpì anche lui e alcuni dei suoi fratelli, che condivisero la sua stessa natura testarda e indipendente. 
Modigliani sin da piccolo mostrò una grande passione per il disegno, riempiendo pagine e pagine di schizzi e ritratti tra lo stupore dei parenti che comunque non gli poterono concedere la possibilità di iscriversi ad una scuola per perfezionarsi. Ma durante un violento attacco della malattia, riuscì a strappare alla madre la promessa di poter andare a lavorare nello studio di Guglielmo Micheli, uno dei pittori più in vista di Livorno, da cui apprenderà le prime nozioni pittoriche, e dove conoscerà, nel 1898, il grande Giovanni Fattori. 
Nel 1902 si iscrive alla Scuola Libera di Nudo dell'Accademia di Belle Arti a Firenze, dove studia i pittori "Macchiaioli" e gli impressionisti italiani, sotto la guida di Giovanni Fattori.
Nel 1903, Amedeo Modigliani si trasferisce a Venezia per studiare all'Accademia di Belle Arti. E in occasione della Biennale, incontra e familiarizza con i vari pittori francesi.

In seguito dopo un breve viaggio in Inghilterra, nel febbraio del 1906 arriva a Parigi dove prende in affitto un atelier a Montmartre, e li conosce tanti artisti tra cui Pablo Picasso, Max Jacob e Andrè Salmon. In seguito si trasferì a Montparnasse, dove incontra lo scultore Costantin Brancusi. Quell’incontro fece nascere in lui la passione per la scultura,  che incominciò a praticare sotto la guida di Branchi con sorprendenti risultati.

Nel periodo parigino, Modigliani, nonostante fosse sempre  in difficoltà economiche perché non riusciva a vendere le sue opere, conduceva una vita da vero bohémien, tra donne, alcol e uso di oppio. Ma per assurdo fu proprio in  periodo che incominciò a dipingere i primi ritratti con il viso e il collo allungato. 
Finalmente nel 1910, fece il primo importante passo per affermarsi come pittore. Difatti espone al Salon des Indépendents.  La critica lo accoglie con favore, anche se i sui dipinti rimasero quasi tutti invenduti. E forse fu proprio tale delusione ad indurlo ad abbandonare la pittura, anche se momentaneamente, per dedicarsi totalmente alla scultura. A quelle primitive forme arcaiche, sicuramente visioni provocate dagli effetti dei fumi dell’oppio, di cui faceva grande uso insieme ai suoi amici.

Il 3 dicembre 1917  presentò la prima mostra personale alla Gallerie Berthe Weill. Il capo della polizia di Parigi un perfetto conservatore e moralista, scandalizzato dai nudi in vetrina,  lo costrinse a chiudere la mostra a poche ore dalla sua apertura. Quello stesso anno, Modigliani ricevette una lettera da una ex-amante, Simone Thiroux, una ragazza franco-canadese, che lo informò di essere di ritorno in Canada e di aver dato alla luce un suo figlio. Modigliani non riconobbe mai il bambino come suo, sicuramente perché in quel periodo si innamorò di una pittrice alle prime armi di nome Jeanne Hébuterne, con la quale si trasferì in Provenza dopo che lei rimase incinta, e il 29 novembre 1918 diede alla luce una bambina, a cui diedero il nome di Jeanne.
Mentre era a Nizza, il suo amico Léopold Zborowski si prodigò per aiutare lui, Tsuguharu Foujita e altri artisti, cercando di vendere i loro lavori ai ricchi turisti. Modigliani riuscì a vendere solo qualche quadro e per pochi franchi. Nonostante ciò, fu proprio questo il periodo in cui egli produsse la gran parte dei dipinti che sarebbero stati apprezzati come grandi opere d’arte.
I finanziamenti che Modigliani riceveva svanivano rapidamente in droghe e alcool. Nel maggio del 1919 fece ritorno a Parigi dove, assieme a Jeanne e alla loro figlia, affittò un appartamento in Rue de la Grande Chaumière. Mentre vivevano lì, sia Jeanne che Modigliani dipinsero ritratti l'uno dell'altro e di tutti e due assieme. 

Ma la vita sgretolata che conduceva, minò gravemente il suo fisico. I suoi amici preoccupati perché non si faceva sentire da diversi giorni, si rivolsero all’inquilino del piano di sotto al suo affinché controllasse l'abitazione. Trovò Modigliani delirante, immerso nella sporcizia e da numerose scatolette di sardine aperte e bottiglie vuote, mentre si aggrappava a Jeanne, che era quasi al nono mese di gravidanza. Venne convocato un dottore, ma c'era ormai poco da fare, poiché Modigliani soffriva di meningite tubercolare.

Ricoverato all'Hospital de la Charitè in preda al delirio e circondato dagli amici più stretti e dalla straziata Jeanne, morì all'alba del 24 gennaio 1920. Alla morte di Modigliani ci fu un grande funerale, cui parteciparono tutti i membri della comunità artistica di Montmartre e Montparnasse. Jeanne Hébuterne, che era stata portata alla casa dei suoi genitori, si gettò da una finestra al quinto piano, all'indomani della morte di Amedeo, uccidendo con sé la creatura che portava in grembo. Modigliani venne sepolto nel cimitero di Père Lachaise nel primo pomeriggio del 27 gennaio.
Jeanne Hébuterne venne seppellita il giorno dopo al Cimitero di Bagneux, vicino a Parigi, e fu solo nel 1930 che la sua amareggiata famiglia (che l'aveva fatta seppellire furtivamente per evitare ulteriori "scandali") concesse che le sue spoglie venissero messe a riposare accanto a quelle di Modigliani. La loro figlia di soli 20 mesi, Jeanne, venne adottata dalla sorella di Modigliani a Firenze.

Da adulta, avrebbe scritto una importante biografia di suo padre, intitolata: Modigliani senza leggenda. Jeanne morì nel 1984 a Parigi, proprio nei giorni in cui si discuteva sull'autenticità delle tre teste, cadendo da una rampa di scale in circostanze alquanto misteriose (qualcuno sospettò che fosse stata spinta, ma l'autopsia non venne effettuata e le indagini furono sbrigative).
Nel gennaio del 2011 sull'Osservatore Romano, in un articolo di Sandro Barbagallo, è emersa la vera storia del figlio illegittimo del pittore avuto dalla relazione con Simone Thiroux. Nato nel 1917 e morto nel 2004, si chiamava Gerald Thiroux Villette, divenne sacerdote e per tutta la vita è stato parroco della piccola chiesa di Milly-la-Forêt (Île-de-France).
I Critici d’arte e i biografi, per ragioni di mercato, quasi mai entrano nella vita intima degli artisti, per non  metterli in cattiva luce, e perchè nessun critico d’arte soprattutto se della stessa nazionalità, è disposto a mettere a nudo comportamenti che contrastano con i comuni valori umani. Ma questo non vuol dire che non lo faranno in futuro ….

Difatti la studiosa di storia dell’arte Maria Vescovo,  in un saggio dedicato a Modiglioni, riporta che era dedito a pratiche esoteriche. E osservando i suoi quadri con occhio esperto, si possono scoprire simboli inquietanti. Vescovo, ha scoperto che Modiglioni poneva spesso, accanto alla sua firma, il numero della Bestia dell’Apocalisse, il 666, e molti dei suoi scritti, celano simboli, numeri e lettere ebraiche. 

Per esempio, nei riccioli sulla fronte delle figure femminili, si nasconde il numero 6 e quando dipinge gli orecchini, questi sono sempre a triangolo, con al centro disegni che simboleggiano sigilli, (il sigillo di Salomone o Stella di Davide) che Modigliani ha volutamente "nascosto" nelle opere, per canalizzare una seconda lettura che doveva essere compresa da pochi…… ("Risk, arte oggi", periodico culturale - Settembre-Ottobre 1994, n. 14, pag. 11).

Un Modigliani che i semplici appassionati di arte, non conoscono. I riscontri sono moltissimi, e non certo casuali, si trovano in parecchie opere che possono documentare e confermare tutto questo, (R. Barbeau, Un prophéte luciférien, Léon Bloy, ed. Montaigne, Paris 1957).

Ho sempre amato l’arte di Modigliani perché nelle sue opere ho sempre percepito un messaggio nascosto. Naturalmente mi riferisco al Modiglioni del secondo periodo. Quando cioè ha incominciato a dipingere figure femminili con il collo allungato e gli occhi che richiamano figure egizie prive di pupille che sprigionano una luce metafisica a simboleggiare la natura non umana.
Ma come molti artisti, non è stato capace di vivere la sua arte con amore e lungimiranza; come tanti si è lasciato dominare dagli eccessi. E sono stati proprio gli eccessi che lo hanno portato alla morte a soli 46 anni. (Un suicidio bianco).

martedì 13 settembre 2011

Splendere di luce Propria


Splendere di Luce Propria

Chi vive d'apparenza
ostenta ricchezza, arroganza e vanità,
sappia, che nell'altra vita
si splende di luce propria
e quello che realmente siamo
è visibile a tutti.
Vulcano

domenica 11 settembre 2011

Virginia Woolf

Virginia Woolf 
Virginia Woolf nasce a Londra nel 1882 in una casa al civico 22 di Hyde Park Gate. Suo padre, sir Leslie Stephen fu un notevole autore e critico. Sua madre, Julia Prinsep-Stephen  nacque in India e in seguito si trasferì in Inghilterra dove iniziò una carriera come modella per pittori. A parte i rispettivi figli di primo letto e Virginia, gli Stephen ebbero altri tre figli: Vanessa, Thoby e Adrian.
A Virginia, l’istruzione e la cultura le fu impartita prima di tutto dai suoi genitori. La madre si premurò di darle direttamente lezioni di latino e francese, ed il padre le consentì sempre di leggere i libri che teneva nella biblioteca del suo studio.

Virginia manifestò precocemente l’inclinazione verso l’arte, infatti mise su un giornale domestico che chiamò (Hyde Park Gate News), in cui scriveva storie inventate, e altre ispirate dalla vita familiare. Secondo le memorie della Woolf, i ricordi più vividi e sereni della sua infanzia furono quelli trascorsi nella località di Saint Ives in Cornovaglia, dove con la sua famiglia trascorreva le vacanze. Perché fu in Cornovaglia che conobbe le persone che più di tutte influenzarono la sua vita. Virgilia scrive che furono le memorie e le esperienze anche piacevoli di quelle vacanze che la iniziarono alla narrativa. Tanto che quelle esperienze confluirono in uno dei suoi scritti di maggior successo, (Gita al faro). Tuttavia il periodo di felicità non durò molto. Nel 1895, a soli tredici anni Virginia fu colpita da un grave lutto: muore la madre.

Purtroppo le anime più sensibili, sono anche le più fragili perché non sono preparate a gestire quel diluvio di emozioni e percezioni che affluiscono nell’anima. Poi quando le emozioni sono tanto terribili quanto può essere la perdita della persona più cara, se non c’è nessuno al loro fianco, queste emozioni, quel dolore così profondo, scava enormi voragini. Voragini che come lame, provocano profonde e doloranti ferite che con il tempo divorano tutto di se stessi. Per esempio se la scultrice Camille Claudel, non avesse perso il padre, l’unico a sostenerla e a capire il suo animo e la sua arte, non sarebbe mai finita in manicomio.

Due anni dopo Virginia dovette affrontare un altro terribile colpo: la morte della sorella, e successivamente quella del padre. Per Virginia fu l’inizio del suo calvario. Difatti fu colpita da un grave esaurimento nervoso. Ma a turbare la sensibilità della sua fragile e impreparata anima, non furono solo la perdita delle persone che più amava, ma anche i traumi patiti nella sua giovane età, insieme alla sorella Vanessa. Virginia nel racconto biografico “Momenti di essere e altri racconti”, confessa gli abusi sessuali subiti da parte dei fratellastri, Gorge e Gerald Duckworth.

(I traumi subiti e la perdita delle persone che erano anche i pilastri della sua esistenza, secondo me, furono le maggiori cause sia delle crisi depressive che del suicidio).

I moderni macellai …i psichiatra, affermano, in virtù delle moderne tecniche diagnostiche, ma non dicono quali, dato che la psichiatria è rimasta all’età della pietra in quanto di scientifico ancora oggi, non c’è nulla, tanto è vero, che le diagnosi si basano su opinioni personali di questo o di quel psichiatra che spesso sono in conflitto tra loro, che secondo una diagnosi postuma,  Virgilia soffriva di un disturbo bipolare. E dato che amano non farsi mancare nulla, per rendere più credibile le loro sciocchezze hanno aggiunto anche una psicosi. Sicuramente sviluppatosi negli ultimi anni della sua vita….. aggiungono, per concludere in bellezza.

(Nella psichiatria cari luminari, le uniche scoperte fatte, sono che i farmaci che prescrivete a quelle povere vittime, inducono al suicidio).

Nel 1912 Virginia sposò Leonard Woolf. Un teorico della politica. Il suo primo libro The Voyage Out (La crociera), fu pubblicato nel 1915. Conobbe alcune donne tra cui  Violet Dickinson, Vita Sackville-West,  e Ethel Smyth, che influenzarono profondamente la sua vita e le sue opere letterarie. Ma nel 1913, dopo aver scritto il primo libro, ricade in una profonda depressione che la portò a tentare il suicidio. Per farle trovare fiducia ed equilibrio il marito le propone di fondare un'impresa editoriale, la (Hogarth Press) ove pubblicarono i maggiori talenti dell’epoca: Katherin Mansfield, Italo Svevo, Sigmund Freud, Thomas Stearns Eliot, James Joyce e naturalmente lei stessa. Virginia fu una grande scrittrice, la sua carriera letteraria fu molto ricca e influenzò fortemente la sua epoca.

Nell'estate del 1940 pubblica l'ultima opera: (Tra un atto e l'altro), mentre la Gran Bretagna è in guerra. Intanto le sue crisi depressive si presentano sempre più violente. Virginia ama circondarsi di persone ma quando è sola ricade nello stato d'ansia e di sbalzi d'umore tipico della “malattia”. Infine il 28 marzo del 1941, si riempì le tasche di sassi e si getto nel fiume Ouse dove trovò la morte, non lontano da casa, nei pressi di Rodmell. Al marito lasciò un commovete saluto d’addio:

(Sono certa di stare impazzendo di nuovo. Sento che non possiamo affrontare un altro di quei terribili momenti. E questa volta non guarirò. Inizio a sentire voci, e non riesco a concentrarmi. Perciò sto facendo quella che sembra la cosa migliore da fare. Tu mi hai dato la maggiore felicità possibile. Sei stato in ogni modo tutto ciò che chiunque avrebbe mai potuto essere. Non penso che due persone abbiano potuto essere più felici fino a quando è arrivata questa terribile malattia. Non posso più combattere. So che ti sto rovinando la vita, che senza di me potresti andare avanti. E lo farai lo so. Vedi non riesco neanche a scrivere questo come si deve. Non riesco a leggere. Quello che voglio dirti è che devo tutta la felicità della mia vita a te. Sei stato completamente paziente con me, e incredibilmente buono. Voglio dirlo – tutti lo sanno. Se qualcuno avesse potuto salvarmi saresti stato tu. Tutto se n'è andato da me tranne la certezza della tua bontà. Non posso continuare a rovinarti la vita. Non credo che due persone possano essere state più felici di quanto lo siamo stati noi. Virginia).

Fonte delle notizie:
Virginia Woolf –Editore EDIPEM – I Cento Volumi – 1973

venerdì 2 settembre 2011

mietitori di anime

mietitori di anime

Nascosti nella nostra ombra,
ci seguono lungo la vita
invisibili e silenziosi
brandendo spade lucenti
attraverso mondi
e corpi senza luce,
 affinchè i demoni
seducenti come un mistero,
giocando con le nostre passioni più mortali
possano continuare a bendarci gli occhi
così che, i signori dell'universo
con le loro possenti spade
possano mietere le nostre anime.

Vulcano