giovedì 27 giugno 2013

Sulla Malvagità



Ricevo e dietro richiesta pubblico un interessante breve saggio sulla malvagità scritto dal Prof. Piero Ferrari.

SULLA MALVAGITA'.

I

Afferma Cioran: “Ogni essere è un inno distrutto”. Infinite sono le strade attraverso le quali si compie il nostro annientamento. La razza umana non è stata creata affinché realizzasse le più alte aspirazioni, ma affinché queste, senza soluzione di continuità, fossero demolite e distrutte dal maglio implacabile della malvagità, e noi con esse.
Un essere che si definisca senziente non può non sentirsi soverchiare dal mistero penetrante della malvagità: esso ha segnato, con tracce indelebili, l'intero cammino delle nostre precarie e instabili esistenze, sia dal punto di vista individuale che collettivo.
Quando, poi, si analizzi la Storia, appare inconfondibilmente presente in ogni fatto, in ogni specifico avvenimento, all'interno dei punti di svolta diacronicamente più decisivi e determinanti. Maestosa, granitica, onnipossente, in realtà costituisce, con buona pace della Teologia, l'unico fattore sul quale “Dio” e il “Demonio” facciano comune assegnamento: con quel suo ghigno triste e, nel contempo, beffardo, essa li serve entrambi, senza risparmio, con zelante e ossequiosa osservanza, sin dalla fondazione del mondo. La malvagità, per sua natura, possiede il dono dell'improvvisazione, non ama le prevedibili battute da copione, ma si nutre dell'imprevisto e si esalta nella sorpresa, scegliendo, infallibilmente, i tempi d'entrata: a volte pare sonnecchiare in un angolo appartato, fingendo disinteresse, come estraniata; un attimo dopo eccola precipitarsi rapace a cogliere il frutto maturo della paziente attesa. E' il numero più pregiato del suo repertorio, ovvero, giungere all'improvviso e portare via con sé, dopo avercele fatte appena sfiorare, quelle poche e rare cose per cui valga la pena vivere. Spesso, tuttavia, non si accontenta del risultato raggiunto, poiché il ricordo può consolare della perdita subita: ecco la ragione per la quale essa ama sfigurare, deformandoli e snaturandoli fino alla caricatura, quei medesimi oggetti che avevamo amato per la loro inestimabile integrità, in modo tale che ci appaiano talmente irriconoscibili e intimamente degradati da renderli insopportabili alla memoria. Un noto protagonista del credo religioso non ha forse ammonito: “Chi ama qualcuno più di me, non è degno di me”? La malvagità presiede al disincanto del mondo, di fronte a lei non siamo che fragili marionette gettate in una trama che ci sfugge continuamente di mano.

II

La Terra, senza perdere un colpo, gira all'intorno come una giostra folle. Dall'alto, ogni tanto, viene agitato qualcosa che sembra non appartenere al nostro inferno quotidiano e noi ci sforziamo di afferrarlo, almeno per la coda, come poveri bambini. L'esito, tuttavia, è già scontato in partenza. Non potremo pagare il prezzo della corsa se non con la moneta della disillusione. I nostri creatori amano vederci soffrire e ci amano in un rapporto direttamente proporzionale alla sofferenza prodotta. Essi non sono interessati alla nostra realizzazione come soggetti desideranti, ma all'annientamento psicofisico: senza malvagità non vi sarebbe Kénosis.
La malvagità costituisce l'unica condizione dalla quale l'ordine universale non possa prescindere, perciò il “Demonio” è l'artefice più prezioso della creazione materiale, tanto è vero che le Scritture, apocrife e non, ne attestano l'incontrastato dominio.
Non dobbiamo supporre, tuttavia, che tale malefica volontà colpisca alla cieca. Essa, al contrario, seleziona con acume e mirata perizia le sue vittime e le sceglie fra le più innocenti, le più indifese, le più buone. La caratteristica fondamentale della malvagità, come abbiamo detto, è di rendersi imprevedibile: che soddisfazione otterrebbe presentandosi ad individui che già la sapessero presentire? Per tale ragione si scaglia, con impeto voluttuoso, proprio su chi, ignorandola, non la teme: non v'è miglior nutrimento e premio, per lei, di due occhi attoniti e stupefatti imploranti, inutilmente, un perché. Il ruolo a cui gli umani sono stati destinati non è quello di spiegare il male, ma di subirlo senza diritto di replica, nella misura in cui sono da questo sfigurati e orribilmente mutilati a prescindere da una consapevole avvertenza. Il male subìto lavora come il mosto nella botte, come il lievito nel pane: esso dilata a dismisura le pareti del nostro essere in cerca di rivalsa. Le colpe dei padri ricadranno inevitabilmente sui figli, nel momento in cui chi è stato vittima diverrà, a sua volta, carnefice. In tale sistema la reazione a catena della malvagità si mantiene sempre innescata e in ottimo stato di efficienza.
Il rapporto causa-effetto, ovvero, ciò che Schopenhauer individuò nel quadruplice principio ragion sufficiente, è una legge indefettibile del nostro pianeta, esattamente quanto lo è l'istinto di procreazione. La malvagità è l'unico comportamento, al pari di quello sessuale, ad aver trovato un habitat ideale per espandersi e replicarsi trionfalmente.

III

Se tutto fosse malvagio, la malvagità non avrebbe più alcun senso e sarebbe destinata inevitabilmente a scomparire per mancanza di nutrimento. Per ovviare a questo inconveniente vengono gettate nel mondo forze sempre fresche e giovani che i nostri invisibili parassiti provvedono a delibare voracemente. E', invero, sorprendente constatare come l'essenza di alcune creature appaia essere assolutamente antitetica a ciò che la Arendt definì la banalità del male e come la mentalità comune, espressa dalla massa di perdizione, nemmeno lontanamente si accorga di tale macroscopica evidenza! A cagione di ciò, le più belle aspirazioni che un cuore puro possa esprimere vengono sistematicamente calpestate, irrise e distrutte, senza il minimo senso di colpa e nella più straordinaria indifferenza. Così accade che, per una bambina, non vi sia peggiore corruttrice della propria madre e che, per un bambino, non sussista modello maggiormente negativo del proprio padre.
I genitori, storpiando le menti della prole a loro immagine e somiglianza, fin dalla più tenera età, impediscono, con la loro presunzione folle, che il “nostro” pianeta offra la benché minima speranza di redenzione; l'ottusità metropolitana delle giungle d'asfalto e il potere insinuante dei giornali e della televisione, poi, faranno il resto.
Risulta davvero singolare, per non dire raccapricciante, appurare come un essere che si apra alla vita, nel pieno possesso delle sue potenzialità, venga, in un breve lasso di tempo, ridotto al simulacro di se stesso, svuotato di tutto ciò che in lui è più importante e prezioso e, conclusivamente, amputato della sua parte migliore. Pensiamo alle infinite possibilità a disposizione di un albero per crescere ed espandersi, mediante i rami e le fronde, in tutte le direzioni; valutiamo, poi, l'eventualità che detto albero, vivendo in un ambiente antropico, sia ridotto, presto o tardi, ad un ridicolo moncone orrendamente capitozzato. La probabilità goduta dall'essere vivente appartenente al regno vegetale di conservare la propria integrità fisica risulterà pari a quella del fanciullo nel preservare l'integrità psichica, nonché l'espansione creativa che la caratterizza. La tragedia dell'infanzia (vedasi l'omonimo saggio di Alberto Savinio) o, come affermò Foucault, la sua miseria, è il capolavoro della malvagità, il suo pezzo di gran lunga più pregiato.

IV

La malvagità si impone come la vera e propria regina della Storia, il motore che tutto muove.
Si considerino le innumerevoli guerre, le stragi, i massacri, gli abusi inauditi che si sono perpetrati ininterrottamente dalla notte dei tempi fino ai giorni nostri. Essa dispone le cose in modo tale che i popoli della Terra siano sempre capeggiati dagli elementi peggiori: uomini avidi e privi di scrupoli, pronti a sacrificare le vite di milioni di individui per il proprio tornaconto personale o per pura boria. Come è possibile, inoltre, passare sotto silenzio la significativa evoluzione sviluppatasi all'interno delle strategie militari? Grazie al progresso tecnologico, dalle battaglie campali si è passati, in un batter d'occhio, al bombardamento sistematico dei centri urbani; si pensi a Dresda, a Hiroshima, a Nagasaki, completamente incenerite unitamente ai loro ignari abitanti. Qualche tempo dopo, nella guerra di Bosnia, si giunse a qualificare come patrioti un manipolo di vigliacchi che, per mesi, con il beneplacito delle organizzazioni internazionali, si divertirono a fare il tiro al bersaglio su donne e bambini prostrati dalla fame e dalla sete. Affermare che il male sia solo una privazione di bene equivale a sostenere che lo schiaffo corrisponda, semplicemente, alla sottrazione della carezza o che il fuoco non sia altro che una mancanza d'acqua: solo un manicheo rinnegato può spingersi a tali vette d'improntitudine!
Grazie agli astuti inganni della malvagità, tuttavia, l'ortodossia della menzogna ha sempre prevalso sull'eresia della verità impedendo, di fatto, la maturazione di una reale consapevolezza su tutti i piani e in tutti i settori dell'umano consorzio.
Alla luce di quanto esposto, appare evidente che la Terra sia un pianeta costituzionalmente irredimibile, del tutto incapace ad autoriformarsi, destinato a rimanere per sempre una bolgia infernale o una valle di lacrime e che, conseguentemente, la nostra liberazione non sia che una speranza vana e insensata.
Per giungere al loro fine “Dio” e il “Demonio” confidano nello stesso mezzo: Colui che è ci vuole annientare per salvarci, Satana, la sua immagine speculare, ci vuole annientare per dannarci. In entrambi i casi si rendono necessari una trasmutazione, uno snaturamento: all'uomo non è permesso di essere ciò che è, poiché sia “Dio”, sia il “Demonio”, disprezzano la sua natura e si servono della malvagità per trasfigurarla. Di più: la separazione tra creatore e creatura non è di natura ontologica, come insegna la Teologia classica, ma di ordine psicologico. L'essere umano, infatti, non può assistere alla sofferenza di coloro che ama senza soffrirne a sua volta e senza reagire in qualche modo; l'essere “divino”, al contrario, rimane impassibile nella sua beatitudine eterna, freddo e imperturbabile come le stelle del cielo. Davvero uno strano modo d'intendere l'amore!
Filosoficamente parlando, se il male non gode di uno statuto ontologico autonomo, come sostiene il venerato Aurelio Agostino, come potrebbe possederlo il bene, dal momento che questo non è definibile se non come la causa efficiente di tutte le cose che non sono, con buona pace di tutti coloro che, chiudendo gli occhi di fronte alla realtà dei fatti e inneggiando alla bontà divina, si ostinano pervicacemente a giustificare l'ingiustificabile. Il silenzio di “Dio” di fronte alle turpitudini più nefande, la sua acclarata latitanza dinanzi al dolore delle sue più inermi creature, avrebbero dovuto indurci a fondare, già da tempo, una Teologia della malvagità, un sapere di cui, oggi più che mai, si avverte la più assoluta mancanza.

Prof. Piero Ferrari

Dello stesso autore: Teologia della malvagità: gli Elohim

domenica 23 giugno 2013

Dimensioni Oniriche


Se chiedete ad un bambino cosa è una testuggine, sicuramente vi risponderà di non saperlo. Certo penserete, come fa a saperlo se non ne ha mai visto una! Sembra davvero una domanda banale …..
Ma non è così perché tale presupposto mira a stabilire che se una informazione di un oggetto, di un viso, o di evento, o di qualsiasi altra cosa, è sconosciuta, le persone non possono né immaginarla, né sognarla. Questo implica che tutto ciò che non figura in “archivio” per l’essere umano non esiste, e quindi non è in grado di esprimere nessun concetto riferito a quella determinata cosa, tanto meno sa a cosa serve, dal momento che la memoria non contiene informazioni riferite a quell’oggetto, evento o ricordo.

Se quanto sopra corrisponde al vero come afferma la scienza per averlo stabilito attraverso uno studio, come può il cervello “immaginare”, “creare”, immagini, scene di esistenza di altre vite, come sognare di vite reali in altri universi e dimensioni, fino al punto di vivere eventi di quelle realtà con la stessa intensità e consistenza, della vita “ reale”?

La scienza a partire da Freud, dei sogni per esempio da una spiegazione accettata dalla quasi totalità del corpo scientifico, e cioè che i sogni rappresentano l’appagamento allucinatorio di un desiderio. Quindi un disagio della personalità che in certi casi richiede uno studio analitico, per stabilire la causa, e successivamente curare il paziente. Ma diversamente da Freud, Jung a mio parere va ben oltre, tale accomodante concetto, spingendosi nella dimensione dell’anima, chiedendosi per esempio quale sia in realtà il vero fine di un evento psichico tanto lontano dalle leggi del mondo materiale. Questo non significa che tutto il lavoro di Freud sia da scartare, dato che la psicoanalisi è una tecnica abbastanza valida per scovare fobie inconsce. Quello che voglio intendere è che Freud del problema è riuscito a percepire solo l’aspetto materiale.

Evitando accuratamente di prendere in considerazione, le testimonianze metafisiche. E non certo per disinteresse o superficialità, ma più semplicemente perché diversamente da Jung non né aveva consapevolezza, perché non poteva attingere alla memoria animica del fenomeno. Questo perché il suo essere era sintonizzato esclusivamente sulla sfera materiale. Difatti liquida come fantastici tutti i sogni che si svolgono in uno scenario lontano dalla realtà materiale. Non curandosi che tale conclusione era in contraddizione con gli studi sulla memoria. Studi che dimostravano che il cervello, poteva produrre solo proiezioni di esperienze vissute immagazzinate nella memoria a lungo termine. Quindi incapace di comprendere che i sogni da lui definiti fantastici, provenivano da una realtà parallela.

La realtà della coscienza metafisica, in grado di produrre sogni, pensieri e visioni che giungevano da un diverso canale. Dimostrando senza ombra di dubbio che esistono canali di comunicazione al di fuori di quelli riconosciuti dalla scienza ufficiale. Come per esempio, sognare di volare, provando sensazioni del volo come se tale esperienza fosse già stata vissuta in precedenza. E tra queste, la paura di schiantarsi o di rimanere impigliati nei fili della corrente, oppure essere capace di muoversi in tutte le direzioni con la sola forza del pensiero;
Volare basso per farsi vedere dalle persone di quella fantastica città e rendersi conto malgrado i vari tentativi, di non essere visto perché invisibile ai loro occhi;

Sognare di trovarsi in città mai conosciute prima, camminando accanto alle persone e non essere visto, essendo ben cosciente di tale stato. Provando sensazioni mai neppure immaginate prima, come quella di poter entrare nella mente delle persone. Manipolare i loro pensieri, poter attraversare il loro corpo.

Oppure trovarsi a sorvolare la superficie del mare sentendo l’odore della salsedine. Per poi essere scaraventato in fantastiche e fiabesche città sospese nell’aria, e un attimo dopo trovarsi ad ammirare meravigliosi dipinti mai visti prima. Oppure solcare i cieli sopra zattere d’onde sonore, da cui scaturivano celestiali melodie;
Sognare di essere inseguito da entità non di questo mondo decise a catturarti. E quando eri certo di essere preso, sentire in te la forza, la facoltà di potergli sfuggire semplicemente attraversando le possenti pareti di quel luogo. Cosa che feci un attimo dopo, certo di non schiantarmi contro la parete. Provando la sensazione di essere fluido. Perché più che attraversare, ebbi la sensazione di passare attraverso una filiera.

E ancora, sognare di trovarsi in una grande distesa, ricca di meravigliosi fiori e fantastici boschi abitati da creature magiche ….. angeli e altre magnifiche creature di aspetto soprannaturale, di cui una la percepivo in modo particolare. A tal punto che al risveglio non ero certo di distinguere la “realtà”, dalla dimensione dei sogni.

I sogni descritti sopra sono più o meno quelli che fanno tutti nel corso della propria vita, ma quasi nessuno si rende conto di aver vercato la soglia verso un mondo più grande.

martedì 11 giugno 2013

Carne e Sangue


Molti di loro, di coloro che ci hanno amato quando erano in vita, continuano ad amarci anche “dopo”. E quando la vita, i tormenti programmati dai demoni, diventano zone di confine, loro fanno di tutto per tenderci la mano, alleviare i nostri tormenti. Ma perché questo sia possibile è indispensabile incontrarsi a metà strada, portando con se il dono più grande che un’ anima possa avere: l’amore più vero e disinteressato.
L’amore, l’unica vera scintilla di luce che appartiene alla dimensione dell’anima, poiché è l’amore vero che rende possibile aprire il lato della porta da cui provengono coloro che ci amano per alleviare i nostri tormenti e ricordarci chi siamo veramente.

Ma purtroppo questo da solo non è sufficiente per incontrarsi, per ricevere il dono della tranquillità. Perchè tale dono diventi possibile, quella porta da cui si dipende, deve essere aperta nell’ anima. Allora loro possono entrare, varcare la soglia per porgerci il dono della loro esistenza. In quell’istante, quell’onda magnifica e luminosa, pervade il tuo corpo e la tua anima; ti attraversa elettrizzando ogni cellula del corpo, e come un sole ardente quieta l’anima, la conforta, anche se non manifesta il suo nome, il suo volto. E non perché ama nascondersi! Si cela per amore, per non turbarti. Ma tu sai che ti ama e che ha varcato la porta dal lato della tua anima ….. unico vero varco che rende possibile tale gesto d’amore.

Da questo sai che il cammino non è stato interrotto, e che il sole risplende ancora il tuo cammino, anche se sai che un giorno il buio, avvolgerà la carne. Ma quando questo accadrà, il corpo sarà diventato leggero come una nuvola.

Loro sono intorno a noi e molti di loro che ci hanno amato in vita continuano ad amarci da dietro quella porta che gli umani non riescono ad aprire, perché non riescono a vederla …. perché guardano altrove e non amano con l’anima ma con la carne e il sangue.

Io ho smesso di cercare …… e mi dispiace per coloro che solo perché non conoscono l’amore vero, pensano che non esiste. Come se ogni cosa estranea alla loro anima sia estranea a tutti.
E’ per tale ragione che continuano a girare su se stessi senza mai giungere ……. da qualche parte, fosse anche solo la parte oscura. Non c’è nulla di peggio che non essere né luce, né ombra.

E’ vero, mi mancano i dettagli, ma quelli li trovo strada facendo, quando sarò diventato leggero come una nuvola; una strada che non è di questo mondo, dato che in questo mondo i frammenti si perdono nel nulla. Un nulla senza nome e senza amore.

Non credo che avrò altro da dire per il futuro…. penso di aver detto anche troppo, talmente tanto che anche un bambino lo capirebbe. Appunto … un bambino di almeno 3 anni, perché dopo se si è privi di quel lato della porta, la luce si spegne, e si diventa umano …. carne e sangue, ma senza l’anima.

E a quelli che per passione, e avventatezza …. in buona fede, pensano che non esiste una rivoluzione senza spargere almeno un po’ di sangue, in realtà chi pensa questo, lo fa perché mette in conto che il sangue non sia della sua stirpe, della sua carne, ma della carne degli altri. Vorrei dire a costoro che le rivoluzioni che prevedono il sangue non sono rivoluzioni ma crimini ….. crimini umani, e come tali destinati a ripetersi come la morte nell’anima.

E’ tale modo di essere a fare degli umani, ciò che sono.

sabato 1 giugno 2013

Il Libro Dei Morti Tibetano


La convinzione più diffusa è che la più antica religione del Tibet sia il Buddismo, diversamente, i tibetani ancora oggi in cuor loro, sono fedeli alla religione delle origini, della fondazione del Tibet. Tale religione prende il nome di Bön.

Le documentazioni delle origini del Tibet sono poche e confuse. Quello che si sa è che inizialmente era popolato da pastori nomadi provenienti dall'Asia centrale. La storia del Tibet come nazione inizia con il Re Tho-tho-ri-Nyantsen nel 173 A.C. In quel periodo la religione praticata era di tipo sciamanico, detta anche Bön. Di quel periodo si può ancora ammirare il monastero di Yumbulakhang, nei pressi di Tsedang.

Secondo la tradizione detta religione fu fondata da Shenrab Miwo. Una figura mitologica di cui non si conoscono le reli origini.
Il buddismo fu importato in Tibet da uno straniero proveniente dall’India o dall’Iran. Un misterioso maestro dai poteri magici. Autore del famoso libro tibetano dei morti, conosciuto con il nome di Padmasambhava, in sanscrito, (il nato dal loto).

Se teniamo conto che molti sommi sacerdoti fondatori di antiche civiltà come Padmasambhava per il Tibet e per esempio nella tradizione maya, comparvero dal nulla, nulla esclude che entrambi fossero viaggiatori delle stelle.

Il libro tibetano dei morti, descrive le esperienze che l'anima vive dopo la morte, o meglio nell'intervallo di tempo che, secondo la cultura buddista, sta tra la morte e la rinascita. Questo intervallo si chiama, in tibetano, bardo. Il libro include anche capitoli riguardanti i simboli di morte, i rituali da intraprendere quando la morte si avvicina, o quando ormai è avvenuta.

La copia originale è conservata presso un monastero buddhista nella città di Darjeeling, in India. Il libro, raccoglie l'insegnamento sulla vita e la morte predicato dal grande maestro Padmasambhava, figura semi-leggendaria e fondatore del buddhismo tibetano. Ancora oggi, secondo alcuni studiosi, dopo oltre mille anni, questo libro presenta una delle descrizioni più intense dei passaggi che precedono e seguono il percorso di un trapassato.
Il trapassato secondo il racconto, appena resosi conto di essere morto si chiede cosa fare: Sono morto, che debbo fare?

Il libro riporta che si sentirà , miserabile come un pesce fuor d'acqua su tizzoni ardenti. La coscienza, non avendo nessun oggetto su cui soffermarsi, sarà simile a una piuma trasportata dal vento. Ci si sentirà perduti per la totale privazione delle capacità sensoriali umane, e la forte nostalgia delle esperienze terrene, ricordi e gesti del passato, che non si possono più ripetere a causa della perdita del corpo.

(Il passaggio sopra trovo che sia inconsistente, perché le capacità sensoriali diversamente da quello che racconta il libro dei morti, in realtà dopo il trapasso sono mille volte più sottili e numerose per via della nuova condizione metafisica.) Dunque, secondo me, il libro dei morti come tutte le cose umane, e intriso di alcune verità e tanti inganni, per impedirci di arrivare ad una possibile comprensione del tutto.

Secondo il libro, il desiderio di rinascita, nel defunto, diventerà sempre più impellente, un vero tormento. Questo desiderio sarà una vera tortura, perché si avvertirà come una sete che brucia la gola, un tormento in un deserto di sabbia bollente.
Anche questo passaggio come il primo, trovo sia forviante, in quanto un trapassato, prima di desiderare di reincarnarsi, oltretutto in un modo secondo me davvero discutibile dato che il libro racconta che il trapassato si reincarnerà nell’istante in cui una coppia di umani libererà il seme della vita, o cellula germinale maschile (spermatozoo), vorrà prima di tutto rendersi conto dove si trova. Ammesso ne abbia il tempo dato che appena dopo il trapasso sarà catturato, o se preferite adescato con uno stratagemma dalle forze "occulte" che controllano anima.

Contrariamente dal buddismo, il Bön per il Tibet costituisce l'autentica ed originaria tradizione tibetana di insegnamenti, sin dalle origini della sua storia. Gli insegnamenti del Bön, secondo la tradizione, sono stati trasmessi dal Maestro Tonpa Shenrab.
Dal punto di vista geografico, le dottrine del Bön provengono dallo Zhang Zhung, un antico Regno della cui esistenza si ha oggi piena conferma, situato nell'area occidentale del Tibet.

Nel corso del settimo e ottavo secolo, con l'adozione del Buddhismo quale religione di stato del Tibet, la tradizione Bön fu considerata non “utile” per gli interessi del popolo tibetano. Dopodiché iniziarono veri e propri persecuzioni contro i sacerdoti e i seguaci, con lo scopo di sradicarla perché ritenuta troppo severa. (E’ sorprendente come le religioni, in ogni parte del mondo siano caratterizzate dai medesimi eventi. Vedi i catari per quanto riguarda il cristianesimo).

Molti maestri e praticanti Bön dovettero fuggire, dopo aver occultato i testi e le scritture ritenute sacre al fine di evitare la loro distruzione. Gli insegnamenti del Bön comunque sopravvissero, in particolare tra la gente comune che aveva seguito per generazioni tali pratiche. Dall’epurazione, ci fu un lungo intervallo di tempo che durò fino all'undicesimo secolo. La successiva rinascita del Bön ebbe inizio con la scoperta di un certo numero di importanti testi sacri, nell'anno 1072 d.c. da parte di Shenchen Luga (969/1035 d.c.), maestro che diede un contributo fondamentale per far rivivere nella popolazione gli insegnamenti Bön.

Un aspetto assolutamente specifico del Bon è l’enfasi sull’aldilà, specialmente dello stato intermedio. Alla loro morte, i re andavano nell’aldilà, e per soddisfare le loro necessità durante il viaggio si compivano sacrifici animali. Venivano seppelliti dipinti, cibo e tutto ciò di cui una persona può aver bisogno nel suo viaggio dopo la morte.

In tale passaggio ci troviamo in piena tradizione egizia descritto nel libro dei morti. Come dire che la storia è sempre la stessa .. salvo qualche sfumatura. Secondo le mie modeste conoscenze, i creatori dell’uomo, per meglio controllare le specie biologiche dell’universo organico, hanno inserito nel loro DNA, l’esigenza di credere in un Dio creatore e misericordioso con la promessa del “paradiso” o come preferite immaginarlo. Tanto è vero che le civiltà, sono state tutte fondate da un essere misterioso dai poteri magici. La civiltà occidentale si regge sulla natura divina di Gesù. Un essere nato da una vergine, naturalmente con poteri magici, etc. fino al prossimo reset, o diluvio universale, oppure era glaciale. Un sistema silenzioso ed efficace per ristabilire la prima regola: l’uomo deve rimanere ignorante … perché se si sveglia il gioco finisce. E questo vale sia per la terra che per il “cielo”.

Fonte: Il libro Tibetano dei Morti e Le origini del Buddismo