lunedì 4 luglio 2011

Un restauro di altri tempi sulle note di Bach

(Foglie in autunno)

Avevo scritto un post sulla politica, ma nel leggerlo prima di pubblicarlo è risultato un post sulla criminalità organizzata piuttosto che sulla politica. Così per una volta, ho deciso di scrivere un post su qualcosa che è parte del mio essere da sempre: L’arte. Un mondo che mi porto dentro dalla nascita. Nello specifico, un tipo di arte quasi estinta: il restauro di lampadari artistici di porcellana. Peccato di aver pensato di farne un post a lavoro quasi ultimato, altrimenti la documentazione fotografica sarebbe stata più particolareggiata.

Di certo, pur vivendo in un mondo veloce, distratto, e così povero di iniziative artistiche degne di questo nome, non ho dubbi che i più sensibili e preparati, sapranno ugualmente cogliere con quanta passione e competenza è stato eseguito il lavoro. Peccato che l’arte … quella vera è quasi scomparsa, anche perché i fondi per sostenerla diventano sempre più miseri. Questo perché come ha affermato stupidamente qualcuno di questo governo di luminari, con l’arte non si riempie la pancia. Affermazione che testimonia il degrado culturale e morale di una certa classe politica ….. e naturalmente tutti coloro che la sostengono direttamente o indirettamente.

Contrariamente l’arte crea benessere e progresso, perché nutre il cervello ed espande la mente a vantaggio della creatività. Quel tipo di creatività che permette ad un popolo di elevarsi, sia spiritualmente che materialmente. Tanto che il benessere di un popolo in larga parte è pari all’interesse che riserva al mondo dell’arte e alla ricerca in generale. Mi chiedo cosa sarebbe Roma, e l’Italia in generale senza il patrimonio artistico che la distingue. Venezia per esempio, trae le sue risorse economiche prevalentemente dal patrimonio artistico. Quindi con l’arte non è assolutamente vero che non si riempie la pancia come rozzamente dichiarò un ministro indegno di tale carica.

L’idea del post vuole essere anche un grido di rabbia verso un paese che giorno dopo giorno diventa sempre più sciatto e povero di intelligenza creativa e capacità critica. Un paese che allunga le distanze con le nazioni più progredite. Rafforzando in me, quel senso di estraneità, che mi accompagna dalla nascita.
Per tanti forse esagero, invece è proprio così, mi trovo da sempre tra due distanze. O forse sarebbe meglio dire tra due frequenze. Si potrebbe dire anche con un piede in due scarpe. (Ma si può dire anche: qui e altrove). Un po’ come succede nella nebbia. Quando c’è nebbia, è noto che le distanze, la visione … le realtà si fondono.

Ritornando all’arte, quando mi è stato proposto di restaurare un lampadario artistico fine ottocento in ceramica, non stavo nella pelle per l’entusiasmo. Una vera opera d’arte. Un lavoro di altri tempi. Quando mi è stato consegnato era messo davvero male. Il proprietario lo considerava perduto. Irrecuperabile. Era a pezzi. Persino l’asta in alluminio su cui si montano le parti era spezzata.




Otto braccia che si reggono su una base con otto fori. Purtroppo con il tempo anche la ceramica subisce dei cambiamenti. Soprattutto in ambienti umidi. Così quattro delle otto braccia, con il tempo si sono spezzate nel punto indicato dalla foto. Durante il restauro mi sono reso conto che i quattro bracci spezzati erano stati riparati più volte. Purtroppo nel modo sbagliato. O meglio sono stati usati materiali non adatti allo scopo. Cioè un composto di resina. Resistente, ma non abbastanza. Dato il peso del braccio, alla fine la resina cedeva e cadendo a terra i bracci si danneggiavano. Così ho pensato di rafforzare i quattro bracci ancora sani, con uno stop, in modo da risultare maggiormente resistente al peso. (foto sopra). E i restanti 4 rotti, invece di usare un composto di resina come hanno fatto i miei predecessori, ho usato quella sostanza che io reputo quasi magica, sia per resistenza che per elasticità: il legno. Ho scelto il legno perché dal legno si può ricavare qualsiasi forma, e perché le fibre sviluppano la giusta pressione per adattarsi nel modo migliore alla cavità cui è destinato. Con l’aiuto di una colla, in grado di resistere ai vari cambiamenti di temperatura.

Naturalmente non ho scelto un legno a caso, ma legno di cipresso perché non è attaccato dalle tarme. Ma il lavoro più complicato e faticoso è stato eliminare l’umidità e le varie muffe. Un vero lavoro di gomito, e soprattutto di religiosa pazienza. Ma non è finita qui, perché i bracci una volta che si spezzavano rovinando a terra subivano dei danni. In certi casi irreparabili. Quindi ho dovuto ricostruire quelle parti di alcuni ornamenti andati distrutti. Il problema non era la ricostruzione delle parti danneggiate, ma trovare l’impasto giusto che mi permettesse di poter scolpire il pezzo mancante senza che la pasta si indurisse mentre la scolpivo. Per esempio alcune ali dei quattro angeli che ornano il corpo centrale del lampadario, e la parte riguardante l’alloggiamento della lampada.Come si evince dalla foto. Giuro di aver girato mezza Roma. Purtroppo senza risultato.


Alla fine stanco di cercare mi sono arreso. Ma solo per modo di dire. Nel senso che ho deciso di mettere a frutto gli insegnamenti di mio padre in materia di impasti, stucchi vari, e quant’altro mi consentisse di avvicinarmi alla resistenza e durezza della ceramica, ma con la proprietà di solidificare lentamente. Final mente con immensa soddisfazione ci sono riuscito.


A fine lavoro ho montato ogni singolo pezzo, con la dovuta attenzione. Dopodiché ho ricostruito l’impianto elettrico. Restaurare un lampadario del secolo scorso per me è stata una grande emozione. Un viaggio nel tempo. Ho avuto tra le mani un pezzo di storia. La percezione della vita delle persone che erano venute in possesso di quel magnifico oggetto, sopravvissuto ai suoi padroni. Se penso con quanta passione e amore ho svolto il lavoro, sono certo che continuerà ad illuminare ancora per molto tempo le persone che avranno il privilegio di ammirarlo.


Come risulta in foto, il lampadario è ritornato al suo antico splendore.  Dire che sono soddisfatto non rende esattamente l’idea. In qualche modo le ho ridato la “vita”. Un lampadario del genere sul mercato è quotato sui 10.000 mila euro. Ma il valore artistico e del tempo non credo abbiano prezzo. Prima di rivolgersi a me, la padrona che è un’ amica di famiglia, era amareggiata perché pensava di aver fatto un acquisto incauto dato che non era riuscita a trovare un restauratore disponibile. Invece quando lo ha visto montato nella sua camera da letto è rimasta entusiasta. Pensare che lo aveva acquistato da un rigattiere per poche centinaia di euro.

In titolo del post, è stato ispirato dal saggio di pianoforte che ha sostenuto mia nipote. Una bambina dolcissima che dimostra un certo talento. La cito perché penso sia in sintonia con il mondo dell’arte. Non credo sia facile suonare in pubblico a soli otto anni e mezzo senza sbagliare una nota …. (anche se il pezzo era brevissimo). Solo 5 minuti.
(Foglie in autunno, di Johann Sebastian Bach).




Comunque sia ho dedicato a lei il restauro perché questa bambina l’adoro perché è davvero speciale….. almeno per me.

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